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EVENTO “CINEMA E LIBRI INCONTRI D’AUTORE” Casa del Cinema 28/12/22

Si terrà mercoledì 28 dicembre 2022 alle ore 18:00 “Cinema e Libri: incontri d’Autore”, presso la Casa del Cinema di Roma, Sala Volonté.

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In primo piano nel convegno ‘La verità della poesia e la verità di un romanzo trasposti sul grande schermo: L’approdo al cinema delle opere letterarie per contribuire a diffonderle al grande pubblico e per produrre cinema di qualità”.
In programma la presentazione dei libri che presto diventeranno film e corti per il cinema e i festival:

Ore 18:00 “La folle tentazione dell’eterno”; antologia della poetessa Fernanda Romagnoli
Per spiegare l’opera poetica della Romagnoli (Roma, 1916-1986) servirebbe tempo ma intanto possiamo iniziare a conoscerla partecipando all’evento e leggendo la sinossi dell’editore dell’antologia, Interno Poesia:
“Quante voci poetiche nel Novecento sono giunte a un’altezza mistica, tragica e visionaria, a una forza lancinante e struggente paragonabile a quella di Fernanda Romagnoli? Ancora pochi, tuttavia, la conoscono davvero. Poeti come Carlo Betocchi, Vittorio Sereni e Attilio Bertolucci credettero in lei e si adoperarono per promuoverne l’opera, la spronarono a continuare a scrivere e a pubblicare. Ma la sua grandezza non era stata ancora riconosciuta in modo adeguato. ‘La folle tentazione dell’eterno’, la più ampia scelta dei suoi versi finora apparsa in Italia, sta contrastando l’indifferenza che per troppo tempo ha avvolto questa creatrice di liriche potenti e perfette, vibranti di dolore e arse da un immenso pathos metafisico, percorse dai venti ingovernabili dello spirito e innervate da un’inesausta, tormentosa ricerca dell’assoluto” Sono molti oggi i critici e gli appassionati che hanno riscoperto o scoperto Fernanda Romagnoli proprio grazie all’antologia ‘La folle tentazione dell’eterno’, curata da Paolo Lagazzi e Caterina Raganella (figlia della poetessa e autrice), con la nota filologica di Ambra Zorat e Laura Toppan.
Scrive Lagazzi: “Per parte mia sono pronto a sbilanciarmi: Fernanda Romagnoli è la più grande poetessa italiana del ‘900″.
Ospiti e relatori per Fernanda Romagnoli: Gabriella Sica: poeta e scrittrice;
Caterina Raganella: curatrice dell’antologia (insieme a Paolo Lagazzi);
Daniela Giordano, attrice (leggerà alcune poesie della Romagnoli, tra le quali una dedica a Pasolini). Modera Silvia Tocci, giornalista (direttore Ostiatv e autrice).

Ore 19:00 “La fine del diverso” di Michel Emi Maritato su Pier Paolo Pasolini.
Un libro per raccontare con coraggio e passione la storia e le vicende di Pier Paolo Pasolini, come nessuno ha mai osato fare (edito da Herald Editore).

A distanza di tanti anni, dunque, la vita e soprattutto la morte di Pasolini scuotono ancora l’anima di chi, attento ricercatore, colto e stimolato a raccogliere le giuste fonti non si accontenta di accogliere una conclusione come quella che è stata data. Così Emi Michel Maritato uomo di cultura, presidente di Assotutela, intellettuale, drammaturgo, criminologo, giornalista, ha costruito la sua ipotesi giornalistica in merito alla tragica morte di Pasolini.
Ospiti e relatori Michel Emi Maritato: Professor Luca Marrone, criminologo e docente universitario Lumsa; Giulio Catalucci, Giornalista; Francesca Marti, attrice (leggerà alcune righe significative del libro); e, il già magistrato, Luca Palamara. Modera il professor Enrico Paniccia.

Coordinamento Evento Francesca Piggianelli

“L’atroce istinto della libertà Pier Paolo Pasolini e la Nuova Figurazione”

A cura di Francesca Tuscano

Inaugurazione
Domenica 18 dicembre 2022 ore 16.00
Museo Atelier di Castello Colonna
Piazza San Nicola, 1 – 00030 Genazzano (RM) Fino al 29 gennaio 2023
Domenica 18 dicembre 2022, presso il Museo Atelier di Castello Colonna a Genazzano, si inaugura la mostra “L’atroce istinto della libertà, Pier Paolo Pasolini e la Nuova Figurazione” a cura di Francesca Tuscano, con la collaborazione dell’Archivio Ennio Calabria, la Raccolta delle stampe Adalberto Sartori di Mantova, la Galleria Bellinzona di Milano e le stamperie d’arte L’acquaforte e la Stamperia del Tevere.

Dedicata al rapporto tra il poeta e alcuni esponenti della figurazione degli anni Cinquanta e Sessanta, l’esposizione si concentra sul 1962 quale anno significativo per il palesarsi di questa relazione. Al ’62 risale infatti la realizzazione di una cartella di incisioni contro la violenza, nata dalla collaborazione tra il gruppo de “Il Pro e il Contro” e la galleria La Nuova Pesa, accompagnate da dodici ballate di Pasolini. Le liriche torneranno anche nei “Ventiquattro disegni” editi nello stesso anno da Editori Riuniti e sempre al ’62 risale la partecipazione di Pasolini quale membro della giuria al noto “Premio Genazzano”.
Come omaggio al centenario dalla nascita del poeta, l’amministrazione di Genazzano ha voluto promuovere questa mostra per ricordare l’apporto di Pier Paolo Pasolini anche nel campo delle arti figurative, aprendo per l’occasione le porte di un museo la cui collezione, oggi fruibile in maniera permanente all’interno della Quadreria, è costituita in gran parte dalle opere del Premio.
Il percorso espositivo ha inizio nelle Sala Martino V del Castello Colonna che ospiterà le incisioni contenute nelle tre cartelle sulla violenza realizzate da “Il Pro e il Contro” tra il 1961 e il 1964 ed esposte insieme per la prima volta. Tra gli autori delle grafiche, oltre ai fondatori del gruppo (Ugo Attardi, Ennio Calabria, Fernando Farulli, Alberto Gianquinto, Piero Guccione e Renzo Vespignani), compaiono alcuni artisti emblematici del contesto della Nuova Figurazione quali Floriano Bodini, Bruno Canova, Valeriano Ciai, Gianfranco Ferroni, Vincenzo Gaetaniello, Giuseppe Guerreschi, Luigi Guerricchio, Renato Guttuso, Sandro Luporini, Augusto Perez, Carlo Quattrucci, Duilio Rossoni, Aldo Turchiaro.
La mostra continua nella Quadreria del museo, con alcuni dipinti narranti per lo più il legame dell’opera degli autori con i ventiquattro disegni e alcuni omaggi successivi alla morte del poeta. A concludere l’esposizione è infine un video realizzato dall’artista Maristella Campolunghi su fotografie di Giovanni Proietti con musiche del Maestro Marco Turriziani.
Il catalogo della mostra, con contributi di Claudio Strinati, Lorenzo Canova, Fabio Pierangeli, Ida Mitrano e Francesca Tuscano, sarà presentato a Roma presso l’Accademia Nazionale di San Luca il 16 gennaio 2023.

INFO
“L’atroce istinto della libertà”
Pier Paolo Pasolini e la Nuova Figurazione A cura di Francesca Tuscano
Inaugurazione
Domenica 18 dicembre 2022 ore 16.00 Museo Atelier di Castello Colonna
Piazza San Nicola, 1 – 00030 Genazzano (RM)
18 dicembre 2022 – 29 gennaio 2023
Giorni e orari di apertura Museo Atelier:
dal giovedì alla domenica: 10,00 – 12,00 / 16,00 – 18,00
Museo Atelier di Castello Colonna Info-point Museo Atelier Castello Colonna +39 328 30 71 930
Ufficio Stampa
Roberta Melasecca Melasecca PressOffice – Interno 14 next tel 3494945612 – roberta.melasecca@gmail.com www.melaseccapressoffice.it – www.interno14next.it

Morte di Pasolini: “Servono prove non supposizioni”


COMUNICATO STAMPA

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Commissione Antimafia, nuova ipotesi sull’omicidio. Interviene l’autore di un libro sullo scrittore
Morte di Pasolini: “Servono prove non supposizioni”

“Ė importante che si torni a parlare della incredibile morte di Pier Paolo Pasolini. Soprattutto è fondamentale che si metta sotto i riflettori la verità ufficiale per rivelarne tutte le contraddizioni e non dare credito alle ipotesi più fantasiose”. Lo dichiara Michel Emi Maritato, autore dell’apprezzato libro ‘La fine del diverso’, che per le affermazioni in esso contenute, ha suscitato vivaci discussioni. “Sono in ballo versioni non suffragate da prove e noi vorremmo, in tal senso, mettere a disposizione della Commissione Antimafia non ipotesi che potrebbero sviare la verità ma fornire inconfutabili prove storiche che allontanano mere indicazioni emozionali, non fondate sui fatti. Per questo, ci mettiamo a disposizione delle pubbliche autorità, al fine di restituire una verità storica a un quadro appannato da una patina di nebbia che va diradata”, chiosa l’autore del volume.

​​​​​​​​​Roma, 17 dicembre 2022

Ufficio stampa
Telefono: 3458353368
mail: studio.maritato@gmail.com

Non solo Covid

di Barbara Fabbroni

Lo abbiamo imparato a conoscere nel momento più buio della nostra vita, ci ha accompagnato e ancora ci accompagna in questo arduo cammino. È un uomo coerente, autentico ma soprattutto un medico profondamente etico e lineare. Intervistarlo è sempre un piacere, il Prof. Matteo Bassetti regala sempre spunti di riflessione importanti.

Professore, stiamo vivendo un momento particolare perché “siamo in un incrocio” – come ha scritto lei in un suo post su Instagram – “infernale tra influenza e Covid”, ci racconti qualcosa di più? 

Siamo, purtroppo, in un momento particolare perché abbiamo la peggiore stagione influenzale, probabilmente del dopoguerra, infatti, abbiamo una curva di crescita che è impressionante, praticamente la crescita del numero dei nuovi casi è verticale. Non avevamo visto una situazione del genere dal 2009, quando avevamo avuto l’ultima grande pandemia influenzale, ma dobbiamo andare indietro di molti anni ancora prima di osservare una situazione simile. Oggi, non abbiamo solo l’influenza da fronteggiare, abbiamo contemporaneamente altri virus influenzali o para influenzali oltre al Covid che ci fa compagnia ormai da tanto tempo e che sappiamo che è un virus molto contagioso. Fortunatamente per la maggioranza delle persone che sono vaccinate o che sono guarite dal Covid, non così aggressivo come il Covid 2020, però si somma alle altre influenze.

Quindi cosa succede?

Succede che noi medici ci troviamo in una situazione paradossale!

Ovvero?

Ci domandiamo laddove una persona ha la febbre, ha la tosse, ha mal di gola e ha male alle articolazioni o alle ossa avrà il Covid, avrà l’influenza o avrà un virus parainfluenzale? Ecco, questo è il cosiddetto “trio infernale”, di fronte al quale non avremmo voluto trovarci e soprattutto, di fronte al quale avremmo voluto, tutti noi medici, che gli italiani si fossero posti in maniera diversa.

Cosa vuol dire in maniera diversa?

Abbiamo il 70% degli over 70 che non hanno ricevuto ancora la dose di richiamo, la cosiddetta quarta dose in questo 2022 per il Covid e moltissimi che non avevano fatto la vaccinazione antinfluenzale. Questa non è una buona cosa. Per cui si rischia di mettere nuovamente pesantemente in crisi il nostro grandissimo sistema sanitario nazionale. 

Certo, a questo punto, volevamo non arrivarci, lei mi insegna che la vaccinazione antinfluenzale dovrebbe diventare una sorta, mi consenta il termine poco scientifico, di routine? 

Dovremmo tutti quanti farci l’antinfluenzale, è soprattutto un’assicurazione. Io la chiamo “un’assicurazione sulla tutela delle vacanze di Natale”.

Un’assicurazione per le vacanze di Natale?

Nel senso che certamente ci sono tanti periodi dell’anno importanti però, stare male proprio tra Natale, Santo Stefano e San Silvestro ci porta evidentemente a non poter stare con i parenti, non poter stare con gli amici, non poter festeggiare. È chiaro che oltre a un investimento sulla salute, è anche un investimento sociale tra virgolette. Stare via sette giorni dal lavoro, dalle attività, dai festeggiamenti non è una cosa piacevole. Dovrebbe essere una cosa di routine nella realtà, nel nostro paese non è così. Dobbiamo ancora crescere dal punto di vista culturale, proprio sulla cultura della vaccinazione come prevenzione. C’è ancora troppa ignoranza che serpeggia nel nostro paese. Purtroppo abbiamo a che fare con molti analfabeti funzionali che pensano che i vaccini non servano. Di fronte a cotanta ignoranza non si possono che mettere i numeri e i numeri sono impietosi. Per chi ha passato gli ultimi mesi e anche anni a parlare male dei vaccini, purtroppo questi sono i risultati per aver fatto una cattiva informazione. 

Sembra un paradosso, siamo nell’epoca del metaverso, la tecnologia sta andando avanti più veloce della luce eppure, ancora, c’è questo grande pregiudizio nei confronti dei vaccini, come se fosse la pozione del mago e dello stregone, dovremmo invece avere la mente aperta al vaccino come prevenzione della salute? 

Il problema è che la mente si apre nel momento in cui c’è la mente, se non c’è evidentemente cosa vuoi aprire? Purtroppo, abbiamo a che fare, come ho detto prima, con soggetti che io definisco “no brain”, lì non c’è la mente e quindi c’è poco da aprire. 

Perché ancora ci sono tanti medici “no vax”? 

Le posso dire che il 99,3% dei medici italiani si è vaccinato, abbiamo a che fare per fortuna con una assoluta minoranza. Credo che un medico che è contro i vaccini, è un medico che, secondo me, non deve chiamarsi tale, non dovrebbe esercitare la professione. Le dico questo perché viene meno al giuramento di Ippocrate che ci dice che noi dobbiamo lavorare in “scienza e coscienza”. Allora un medico che non vaccina sé stesso evidentemente non vaccina i propri pazienti, i propri assistiti, quindi, è un medico che deve cambiare mestiere. Vuol dire che quel medico, magari come non crede ai vaccini e non li usa, non crederà nella medicina degli antitumorali, degli antidiabetici. È un medico a cui manca una parte fondamentale del nostro armamentario e quindi è un medico che deve cambiare mestiere. Mi auguro che dal punto di vista legislativo, anche ordinistico, essendo un problema deontologico, etico, chi non si vaccina e chi decide di non vaccinare i propri pazienti venga espulso dagli ordini dei medici e, quindi, non eserciti più la professione. 

Le persone che in questi anni di pandemia hanno ascoltato le notizie si sono trovati difronte a correnti di pensiero così diverse che sono entrate in confusione, ancora oggi ci sono tante incertezze, le fake news hanno invaso la rete social e non solo.

È indubbio che la gente, poverina, sia stata vittima di questo sistema, dove credo che all’interno di questo movimento di persone scettiche o contro i vaccini ci siano alcune persone che sono assolutamente vittime di un mondo che è governato evidentemente da alcuni che hanno dei grossi interessi, perché lei capisce che nel momento in cui molti miei colleghi, e non solo, vanno contro i vaccini, non è che propongono il nulla, bensì propongono i loro rimedi che sono gli integratori, le pozioni magiche, i farmaci non approvati. Il business vero oggi non è quello dei vaccini è quello dell’anti vaccinismo, che arricchisce non le Big Pharma, ma quattro farabutti che vendono evidentemente dispositivi e presidi che non hanno avuto nessun tipo di valenza scientifica. È bruttissimo pensare che oggi ci sia della gente che di fronte a 15 miliardi di vaccini somministrati nel mondo continui a parlare di “siero genico sperimentale”, questa è la migliore espressione dell’ignoranza di una certa parte del nostro paese. 

Professor Bassetti: come facciamo a distinguere i sintomi Covid dai sintomi influenzali? 

Impossibile! Non è possibile differenziarli. I sintomi del Covid oggi sono veramente molto simili a quelli dell’influenza, anzi, posso dire una cosa? Nei vaccinati oggi il Covid ha dei sintomi anche più lievi di quelli che dà l’influenza. Quest’anno l’influenza dà una bella bastonata, dà la febbre alta per due o tre giorni, mentre il Covid oggi dà molti meno sintomi rispetto a quello che era nel passato. Quindi direi che è molto difficile differenziarli. È la ragione per cui è importante vaccinarsi, almeno in qualche modo, le persone aiutano il medico. Se sei vaccinato per entrambi, almeno le forme più impegnative non dovresti averle. 

Ci sono dei farmacisti che propongono anche il test doppio che differenzia Covid da influenza, che ne pensa?

Si ricorda quando si giocava da ragazzini all’allegro chirurgo, ecco gli italiani amano giocare all’allegro infettivologo. Il test per vedere se hai l’influenza o il Covid lo deve fare e consigliare il farmacista e prenderselo il malato, a sua discrezione, o devono essere i medici che lo decidono di farlo quando serve? Perché altrimenti non ho capito perché ho studiato medicina per sei anni, mi sono fatto quattro anni di specializzazione, quattro di dottorato e faccio il professore universitario. Se chiunque va in farmacia e fa l’allegro infettivologo, credo che siamo molto lontani da dove dovremmo tornare ad essere! 

In un post di Instagram, lei ha scritto: “perché sulla situazione Covid stiamo guardando la pagliuzza e non la trave”, perché?

Esatto! Purtroppo, non ci stiamo rendendo conto che noi abbiamo rincorso il Covid per gli ultimi due anni perdendo di vista tutto il resto e poi è arrivata l’influenza che è veramente la trave. Ma una trave pesante! Abbiamo dedicato, secondo me, troppe energie al Covid, troppi discorsi, e l’influenza è arrivata dura tanto da prenderci veramente a ceffoni. Oggi il Covid è una pagliuzza rispetto a quanto è l’influenza che è la trave, quindi cerchiamo di guardare la trave, non più la pagliuzza. 

Che cosa fare se scopriamo di essere positivi al Covid? 

La prima cosa da fare se una persona è positivo sintomatico è una terapia, viceversa se sei positivo asintomatico non devi fare assolutamente nulla, a meno che tu non sia una persona particolarmente fragile, un trapiantato, una persona che ha la leucemia, un tumore o sei molto anziano. Questa categoria di persone, anche se sono asintomatiche, possono fare dei farmaci che sono i cosiddetti antivirali, e possono essere presi sia dai primi giorni. 

Se una persona è sintomatica come dovrà curarsi?

Curare i sintomi con gli antinfiammatori come l’aspirina, l’ibuprofene o simili per 3/4 giorni, non di più. Dopodiché tutti gli intrugli che vengono consigliati da questi santoni del mondo novax, come l’ivermectina, l’idrossiclorochina, la lattoferrina, vitamina D, o altri intrugli non servono assolutamente a nulla. Non c’è neanche uno studio che dimostri che questi farmaci servono, ma la cosa più importante da non fare è prendere gli antibiotici. Gli antibiotici nel Covid non servono assolutamente a niente, se non a ingrassare i batteri, cioè a farli diventare resistenti, e ingrossare.  

Mi sembra di comprendere che il Covid abbiamo imparato a gestirlo?

Esatto, non solo abbiamo imparato a gestirlo, ma oggi il Covid, grazie alla vaccinazione, siamo riusciti ad attenuarne le conseguenze. Il problema vero è quello che alcuni pensano che il Covid Omicron sia uguale in tutti sia per chi è vaccinato sia per chi non è vaccinato, non è così. In questo momento da me in ospedale ho molte persone che non si sono vaccinate e che, ahimè, hanno la polmonite esattamente come ce l’avevamo nel 2020. Quindi occhio, perché non essere vaccinati o non avere gli anticorpi da guarito vuol dire essere esposti comunque a delle conseguenze importanti. Oggi il Covid è veramente una situazione clinica molto facile da affrontarsi, quasi più facile rispetto all’influenza. Se devo scegliere di avere davanti a me un paziente con l’influenza di quest’anno o con il Covid scelgo il Covid. Il progresso che la medicina e la scienza è riuscita a fare rispetto al Covid, in soli due anni, è straordinario, non abbiamo fatto mai così tanto in così poco tempo, quindi applaudiamo la scienza, applaudiamo la medicina e soprattutto, cerchiamo di essere anche capaci di sfruttare le scoperte e le intuizioni, perché oggi non utilizzare i farmaci antivirali o non utilizzare i vaccini o non utilizzare le conoscenze vuol dire non essere in grado di vivere in maniera adeguata.  

Perché: “se le regole non cambiano, il sistema rischia di saltare”?

Perché noi stiamo rincorrendo il Covid come fosse quello del 2020, cioè dove una persona era potenzialmente un grave untore. All’inizio nessuno aveva gli anticorpi, nessuno in qualche modo era in grado di affrontare questo virus. Oggi rincorriamo il Covid con il tamponificio seriale: uno entra in ospedale perché cade dal motorino, perché deve fare un intervento chirurgico e ti fanno il tampone. Questo è un errore, oggi andare a rincorrere così serialmente il Covid ci fa perdere di vista intanto gli altri problemi infettivi per cui se uno entra in ospedale oggi con l’influenza, tu lo metti in un reparto con tutti gli altri e l’influenza fa quasi più danni di quanto ne faccia il Covid, ma soprattutto mette in stress il sistema per cui va bene se hai dei sintomi respiratori e sei un immunodepresso, ti farò il tampone e cercherò di metterti nel luogo più opportuno, ma se devi andare in un reparto perchè hai un infarto, mi spiegate che senso ha continuare a tamponare le persone anche se sono asintomatiche? Questo crea un sistema che è al collasso. Per questo dobbiamo cercare di evitare di continuare con il tamponificio, soprattutto degli asintomatici. Torniamo a fare i tamponi a chi ha i sintomi, smettiamola di fare i tamponi a chi non li ha! 

Cambio completamente registro: le mega truffe con il suo nome?

È un argomento terribile. Pensi che negli ultimi giorni qualcuno, un giornalista, è riuscito a scrivere un articolo online dicendo che io sono un farabutto, perché vendo queste cose. Sono veramente affranto, demoralizzato, depresso. È da un anno che con il mio avvocato abbiamo denunciato alla Procura della Repubblica di Genova, ad oggi non ha fatto praticamente quasi nulla. Io l’ho scritto sulla mia pagina Facebook, sulla mia pagina Instagram sono tutte truffe. Non produco e vendo nulla di tutto quello che promuovono, le persone continuano a scrivermi, a riempirmi di e-mail, un vero inferno.  Le persone hanno acquistato centinaia di confezioni di questi farmaci. Sono sconcertato più della gente che si è fatta fregare che di chi li ha fregati. 

Insomma, è una pandemia dell’ignoranza?

Eh sì, la pandemia dell’ignoranza. La pandemia dei profittatori, la pandemia degli invidiosi. Questa è la pandemia dei cretini. 

Dopo tutto quello che abbiamo vissuto in questi anni ci dobbiamo aspettare un’altra pandemia?

Ma guardi, siamo già in una nuova pandemia perché l’influenza sta facendo dei numeri nel mondo, in tutto il mondo strabilianti. Quattordici milioni di casi solo negli Stati Uniti in poco più di tre settimane, quindi, la pandemia ce l’abbiamo già con l’influenza. Noi abitiamo in un mondo globale, dove per andare da una parte all’altra del globo ci metti dodici ore, e, quindi, un microrganismo, un virus, un batterio, un fungo ci mette un attimo ad arrivare. Noi dobbiamo essere sempre pronti all’arrivo di un nuovo nemico, può essere dietro l’angolo.

Come si può fronteggiare?

Non facendo lockdown, chiudendo le scuole o mettendoci le mascherine. Essere pronti vuol dire essere culturalmente pronti. Ci vuole un sistema di sorveglianza dove gli Stati si parlino, ci vuole una regia, il Covid ci ha dato un bell’insegnamento. Dovevamo essere migliori ma in realtà credo che siamo molto peggiori di come eravamo prima del Covid. Se devo dare uno sguardo sul futuro è uno sguardo da questo punto di vista molto pessimista, nel senso che siamo usciti dalla pandemia in una maniera molto peggiore di come ci siamo entrati, questa è una nota stonata. 

Se fosse stato un grattacielo chissà cosa accadeva

di Barbara Fabbroni

È in libreria il terzo romanzo di Pier Vincenzo Gigliotti: Aria d’estate edito da La Rondine. È una storia avvincente, intensa, densa di significati significanti, aperta alla sua eterna cifra esistenziale e misterica. Nella cornice dell’Italia degli anni Settanta, Aria d’estate racconta un viaggio lungo una vita; un viaggio costellato di prime volte, vissute con l’entusiasmo tipico dei giovani, ma anche di momenti duri, che insegnano a crescere. I temi della discriminazione e della violenza, in un ambiente scolastico retaggio di un’epoca in cui l’educazione andava di pari passo con l’austerità, sono trattati da Pier Vincenzo Gigliotti con una penna delicata. L’autore si pone nei panni di tutti quei bambini che hanno vissuto le stesse esperienze per tutti i Claudio, i Giacinto, le Giorgia, i Giovanni, perché non riaccada, per non dimenticare. Giovanni è un bambino come tanti: passa le sue giornate a rincorrere un pallone sgonfio, in un tempo in cui non ci sono social e le vetrine dei negozi mostrano i walkie-talkie al posto degli smartphone. Ben presto si trova a fronteggiare la prima delle tante sfide che la vita gli porrà davanti: la scuola elementare. Tra quei banchi, insieme ai suoi compagni, scoprirà l’importanza dei legami affettivi e dell’altruismo, in un mondo in cui non tutto va come dovrebbe. La cifra di questo lavoro si pone come spartiacque tra ieri e oggi, tra l’essere e il non essere, tra la vita autenticamente vissuta e la vita imposta e incasellata in pregiudizi. Tutto ruota intorno al mistero e alla grazia della vita stessa di cui Pier Vincenzo Gigliotti ne è narratore delicato e sottile, emozionante e intuitivo, avvolgente e coinvolgente. Lui, con la sua timidezza delicata e intuitiva si racconta e ci racconta del suo mondo e della sua talentuosa penna. 

È uscito il suo terzo romanzo, come nasce l’amore per la scrittura?

Non è facile spiegarlo. Ho iniziato a scrivere a quarantotto anni, dopo vent’anni di attesa.

Perché tanta attesa?

I romanzi erano già tutti nella mia mente, essendo una persona timida e riservata avevo timore di espormi e aprirmi attraverso la scrittura. 

Si sta avverando un sogno nel cassetto?

Già! Li ho tenuti nascosti nel cassetto della mia mente fintantoché non ho trovato il coraggio di scrivere. 

Che tipo di romanzi sono?

Sono romanzi di formazione.

Cosa significa “romanzi di formazione”? 

Il mio primo romanzo: Radici nel vento (Local Genius, 2019) racconta la storia di un mio amico d’infanzia: Alberto Matano. Abbiamo un’amicizia molto bella, ci conosciamo sin da bambini, siamo cresciuti insieme, lui con la famiglia abitava sotto al mio appartamento. Nel palazzo abitava anche Claudio Ranieri, all’epoca era il capitano del Catanzaro e poi una volta che lui è andato via è arrivato Massimo Palanca che è stato il nostro eroe, per un’intera generazione. Da lì è partito tutto. 

Arriva il romanzo L’anno più bello (La Rondine, 2020) e poi Aria d’estate (La Rondine, 2022), di cosa parla il suo ultimo romanzo?

A differenza dei primi due non parla né della mia città né di calcio, racconta e mette a confronto la scuola di ieri con quella di oggi. 

Ovvero?

La scuola di ieri era fatta di punizioni corporali, di riformatorio giudiziario, era una scuola molto forte, rigida, che mi ha segnato e volevo un po’ raccontare la mia esperienza per fare comprendere ai giovani di oggi quanto sono fortunati. I ragazzi di oggi a scuola trovano un ambiente accogliente, degli insegnanti capaci di seguirli, di comprenderli capendo le loro problematiche. I problemi dei ragazzi di oggi sono presi in considerazione, accolte. Ai miei tempi problematiche come l’autismo, la dislessia, la discalculia non si conoscevano erano considerate quasi che lo studente che non aveva voglia di studiare, di impegnarsi tanto da essere punito e non compreso. Mancava la capacità di cogliere il bisogno dell’Altro e di mettersi nei panni dello studente per cercare di comprendere se c’era un reale problema.    

Torno un attimo indietro: perchè un romanzo di formazione? 

Perché è quello che riesco a scrivere, mi piace molto il contatto con i ragazzi vorrei portare i miei racconti a loro, affinché possano trarne spunti di riflessione.  

C’è qualcosa di autobiografico all’interno di questi romanzi?

Nella prima parte molto, poi il romanzo e la narrazione prende corpo e si arricchisce della mia fantasia, dei miei pensieri, della mia immaginazione.

Ci sono eventi scolastici che si sono impressi indelebilmente nella sua memoria?

Avevo un compagno dislessico che si è preso tante botte dalla maestra perché pensava che non studiasse, un altro mio compagno era terrorizzato dall’idea di finire in un riformatorio giudiziario, a quei tempi c’era la minaccia costante del riformatorio, solo perché era balbuziente.

Cosa è rimasto di questo vissuto oltre che la narrazione nei suoi romanzi?

Una ferita, la rabbia verso la scuola, queste esperienze non ti fanno amare la scuola. Cerco attraverso i miei racconti di far comprendere ai ragazzi quanto è importante la formazione, lo studio, la scuola è una seconda casa che va protetta e dove bisogna vivere bene. Oggi, a differenza di ieri, la scuola è una casa accogliente. 

Poi lei è diventato avvocato ed è responsabile dei Progetti Speciali dell’US Catanzaro 1929. Da quell’esperienza ne è venuta fuori una risorsa e una spinta a emergere?

Bravissima, esattamente, è proprio così.

Come dire far diventare un limite una risorsa?

È uno stimolo, una reazione. Quando hai subito e vissuto esperienze così significative perdi l’autostima, ti senti smarrito, così quando riesci a tirare fuori il tuo mondo sommerso allora è come vivere una sorta di riscatto, una rivincita. Ti liberi da un peso trasformandolo in un messaggio di aiuto e speranza. È un riscatto. 

Che cos’è che non andava bene di Pier Vincenzo a scuola?

Non ho avuto i problemi che hanno vissuto i miei compagni, ho solo assistito ma quelle esperienze si sono cementate comunque dentro di me, ero un ragazzo molto timido e mi hanno condizionato tanto che per molti anni non riuscivo a esprimere quello che vivevo nel mio mondo interiore.  La paura che vivevo a scuola mi ha reso ancora più chiuso, ero come congelato in un mondo interiore. Mi sono impegnato molto durante la mia vita per superare la timidezza. 

Era timidezza o il bisogno di proteggere sé stesso e l’altro?

C’era anche il bisogno di proteggere l’altro, non solo timidezza.

Oltre a essere avvocato si occupa anche di calcio, come si coniugano questi due lavori?

Il calcio è una cosa tutta diversa, nasce perché ho da sempre amato la squadra della mia città, ho un forte senso di appartenenza. Quando ero piccolo non ci sono state solo cose negative ma si insegnava il senso di appartenenza, il rispetto, l’amore per la propria terra. Io ho avuto la fortuna di avere Claudio Ranieri e Massimo Palanca che abitavano nel mio palazzo, da lì l’amore per il calcio è stato amore infinito. Così ho cercato sempre il modo di avvicinarmi al calcio. Ci sono riuscito nel 2017 con la nuova proprietà, il mio sogno era portare i calciatori del Catanzaro a scuola e ci sono riuscito. 

E cosa fate?

Facciamo dei dibattiti aperti, molto coinvolgenti. I ragazzi sono entusiasti, hanno i loro eroi calcistici in classe con cui possono parlare, confrontarsi

Lei ha vissuto nel palazzo della grande bellezza?

Eh, ha detto tutto. Erano tutti personaggi sconosciuti che poi sono diventati famosi. È stato tutto casuale. Il tempo mi ha fatto comprendere la fortuna che ho avuto da bambino. Non potevo pensare da piccolo che i miei amici sarebbero diventati dei personaggi famosi, questo mi ha portato a scriverci delle storie.

E Pier Vincenzo Gigliotti è un grande scrittore?

Troppo buona!

Ogni piano del palazzo ha avuto una professione di successo?

È molto simpatica, magari! La strada è lunga da percorrere … ho iniziato tardi. 

Una curiosità: il palazzo di quanti piani è composto?

(Ride) Cinque piani ed erano tutti occupati.

Se fosse stato un grattacielo chissà cosa accadeva?

Ha ragione!

Essere famosi cosa significa e rappresenta per lei?

È qualcosa che ancora non ho sperimentato, sono conosciuto nella mia città ma non fuori da quel perimetro. Quando si è famosi si comprende bene chi sono i veri amici. Spesso quelli su cui credevi di contare si defilano mentre alcune persone che non pensavi potessero tenderti una mano sono lì pronti a farlo. Ho imparato già questa lezione. 

Perché il titolo: Aria d’estate?

È molto profondo.

Può spiegarmi cosa significa?

Nella vita del protagonista ci sono una serie di stagioni che sono parallele a quelle metereologiche. C’è l’autunno che è il momento dell’inizio del periodo scolastico, fatto di umiliazioni e mortificazioni, poi un giorno accade che la mortificazione la vive in prima persona con una punizione corporale. Da lì comincia l’inverno della sua vita che coincide con un periodo un po’ più lungo, perché la ragazza che lui ama sceglie un altro. Poi un giorno all’improvviso, come spesso accade, sboccia la primavera, durante un’occupazione scolastica si ritrova con una persona che ama e prende vita una storia d’amore che, dopo alterne vicende, finalmente arriva l’estate, la felicità. Il tutto arriva dopo un periodo buio.

C’è in cantiere il quarto romanzo?

Le idee ci sono, ma al momento è tutto nella mia testa. L’idea è quella di fare un romanzo sulla disillusione. Avere dei sogni che spesso non si realizzano. 

Da grande cosa farà?

Questa è una bella domanda. Vorrei continuare a scrivere e far sognare.

Intervista alla scrittrice Federica Nobile

La redazione di Eccellenze Italiane è lieta di intervistare la scrittrice Federica Nobile.

Diplomata al Liceo Classico e laureata in Comunicazione Interculturale, ha sempre amato scrivere. Da adolescente trascorreva tutto il tempo a disegnare personaggi di storie fantastiche sui libri di testo; da giovane adulta quelle storie ha cominciato a scriverle.
Le piacerebbe fare un viaggio nel tempo per rivivere gli anni ’70-‘80, ama la musica rock, il nuoto, lo snorkeling, leggere e recensire (tanti) libri.

Buongiorno Federica, ci parli della sua storia. Quando ha iniziato a scrivere?
“Ho iniziato a cinque anni. Mia nonna, con pazienza, mi ha insegnato a scrivere prima ancora che cominciassi le elementari. A mano scrivo ancora in illeggibile geroglifico, sia chiaro, ma di sicuro scrivo tanto e con ispirazione da allora.
Tra i sei e i sette anni ho scritto la prima saga, intitolata “I ribelli d’Irlanda”, su dei foglietti ripiegati per farne dei libricini. A dieci anni arriva “Il paese delle aquile”, il primo fantasy. A undici mi do alla prima sceneggiatura teatrale, “Alla corte dell’imperatore”. Mia mamma conserva ancora tutti questi primi sforzi nel cassetto del comodino.”

Cosa rappresenta per lei la scrittura?
“Per me la scrittura rappresenta tante cose: il lavoro – il mio lavoro concerne al 90% la scrittura, o come si dice in agenzia pubblicitaria, “copywriting”; una passione, la più grande – trascorro anche ogni momento libero a scrivere o a progettare storie; una valvola di sfogo – funziona meglio della palestra per me. Mi rilasso, mi isolo da tutto, lascio che la fantasia fluisca e che le mani percorrano frenetiche la tastiera.”

Com’è nata l’idea di questo libro?
“Questo libro nasce come sceneggiatura cinematografica.
Avevo carta bianca, era per un progetto molto personale, condiviso con una produzione di amici.
Volevamo girare un film che fosse di genere horror, e ho trovato il mio mostro leggendo un articolo sulla sparizione dei bambini ad Hamelin, in Germania, nel 1284. Proprio quelli della fiaba dei Grimm, “Il Pifferaio Magico”. Solo che a quanto pare non si tratta solo di folklore, c’è del vero, la città se lo ricorda. Fu un trauma apprendere una notizia del genere. Dovevo esorcizzarla, insieme al Covid, alla Guerra in Ucraina, alle tante cose inaccettabili del contemporaneo e l’ho fatto scrivendo. L’ho fatto inventando Kilian, il protagonista maschile della storia, un Evocatore discendente da un mitico eroe germanico e protettore del suo popolo, Frehild.

Qual è la trama?
“Siamo nel 1978, e chi di voi l’ha vissuto e se lo ricorda saprà che non fu solo l’anno dei punk, ma ci furono molti stravolgimenti. In Germania ci fu la Schneekatastrophe, anche detta “Caos Bianco”: nevicò per giorni e giorni a partire dalla fine del ‘78 e nel maggio del ’79 c’erano ancora cittadine e paesaggi innevati. Non fu una cartolina: fu una tragedia, bloccò tutto il paese.
Il romanzo, dunque, cerca di spiegare la connessione tra fatti inspiegabili, straordinari come questo. E li ricondurrebbe a una società millenaria parallela alla nostra, che ho chiamato semplicemente Mágoi, termine greco che indica persone portentose dotate del cosiddetto “Potenziale”, che dall’alba dei loro tempi tentano di proteggere l’umanità e di salvarla. Perché l’uomo è il peggior nemico di se stesso, anche quando ci si mettono i cataclismi naturali.”

Cosa vuole trasmettere al lettore?
“Un messaggio universale, lo stesso che si ritrova in ogni popolo – prendo a esempio quello Giapponese che ha costellato la città di Hiroshima di statue in onore di Sadako, piccola vittima delle radiazioni della bomba che ha distrutto la città, e che incorporano il messaggio “basta guerre”. Vediamo che anche un popolo geograficamente e percettivamente lontano prova un desiderio di pace immenso, dimostrando che la fine dei conflitti è un (bi)sogno di tutti.
Nel romanzo ho creato una struttura a scacchiera a tre fazioni, sono tutti nemici di tutti, ma il disagio è vissuto da dentro. Se non scendiamo a patto con i nostri demoni interiori e portiamo la pace in noi stessi, vivremo altre situazioni di guerra.
La pace nel mondo dev’essere l’obiettivo a cui puntare collettivamente, umanitariamente.”

Perché questo titolo “Evocazione”?
“Evocazione vuole essere – sembra un gioco di parole – evocativo e provocatorio.
Il romanzo ha due protagonisti, e solo uno dei due è nominalmente un Evocatore, uno sciamano in grado di evocare un’effigie di protezione. Ammicca al fatto che ciò che siamo in grado di generare noi uomini – che non siamo divini ed è bene ricordarlo – proviene da noi. Siamo noi stessi a dare vita ai nostri mostri, quello che facciamo fuoriuscire ci appartiene, e se non impariamo a convivere con questi antichi incubi, ci sfuggiranno, detoneranno.”

Si riconosce in quale personaggio del libro?
“In nessuno, a dire il vero.
Il romanzo è volutamente allegorico, ambientato nel passato ma su questa Terra e, per renderlo inclusivo, ho affibbiato nazionalità tutte diverse tra loro a tutti i protagonisti. Volevo sondare dentro l’animo di tutti per capire qualcosa dell’umanità in generale. Di sicuro ho una simpatia spasmodica per alcuni, come Silibrand e Stefan, che sono degli outsider pieni di talento. Brilleranno, lo prometto.”

Ci sono riferimenti al dark fantasy. Da dove nascono queste suggestioni?
“Il dark fantasy è spesso associato ai vampiri o ai demoni. Io non ho nella storia né vampiri né demoni, ho gli esseri umani che fanno già abbastanza paura di per sé, e i Coboldi. Kobalt o Kobold è un termine tedesco per indicare un tipo folletto… e non uno di quelli buoni! Lo sa bene Neil Gaiman che ne ha inserito uno davvero tremendo nel suo bestseller American Gods: a distanza di dieci anni dalla lettura di questo splendido romanzo tale personaggio mi dà ancora i brividi!
I Mágoi chiamano così i “demoni da paralisi nel sonno” (Sleep Paralysis Demons) che sono delle allucinazioni che possono insorgere nel sonno soprattutto in periodi di forte stress.
Alcune persone che le sperimentano hanno la sensazione di soffocare, altre hanno l’impressione che qualcosa le stia osservando, toccando o minacciando.
Ecco, i Mágoi convivono con questi incubi dall’alba dei tempi. E non sono neanche troppo bravi a gestirli, ma dopotutto non sono dei “Fido” o dei “Fuffi”.

A chi dedica questo libro?
“Lo dedico ai miei compagni di università, compagni di viaggio, allora come oggi, in questo percorso. Mi hanno aiutata a diventare chi ho sempre voluto e, forse, chi sono da sempre: una creativa, una scrittrice del fantastico.
Ma lo dedico anche a tutti i lettori che credono o crederanno in questo progetto. Il romanzo è disponibile presso il sito della casa editrice portoseguroeditore.com, e si possono ottenere le ultime copie con dedica personalizzata cercandomi su Instagram, sono @federicanobile.
C’è anche la playlist a tutto rock su Spotify: cercando “Evocazione, il romanzo” si accede a ore di musica epica ed energica che spero possa ispirare altri scrittori.”

Intervista a Barbara Fabbroni, Italy Ambassador Awards

La redazione di VentoNuovo è lieta di intervista la scrittrice, giornalista, psicoterapeuta Barbara Fabbroni, in occasione del suo ultimo Premio Speciale Italy Ambassador Awards.

Buongiorno Barbara, ha vinto il “Premio speciale Italy Ambassador Awards Beauty e Spa 2022”. Di cosa si tratta?
“Buongiorno, ho ricevuto questo premio alla Stazione Leopolda da Italia Ambassador Awards che è un’organizzazione che premia più categorie. Gli influencer stati individuati, ad esempio, per vari target di follower; inoltre, c’erano categorie rispetto all’interesse per il travel, per il food o per il fashion. Io appartengo alla categoria Gold perché ho un bacino di utenza di quasi 500 mila follower. Oltre a questo premio ne ho ricevuto uno per il contest che ho fatto per la Toscana. L’evento, dunque, è stato fatto alla Leopolda a Firenze e la cena di gala è stata fatta al teatro del Maggio Fiorentino dove ho ricevuto proprio questo premio per il contest per la Toscana. È stata bellissima la presenza di tanti partner, per esempio oltre alla regione Toscana c’era anche il Veneto, tutti gli hotel luxury e spa assieme a dei premi molto belli. È stato un evento importante sia a livello nazionale che internazionale e si svolgerà anche il prossimo anno.”
Quali erano le categorie, in particolare?
“Food, travel, sostenibilità, beauty, fashion e benessere.”
Da chi era costituita la giuria?
“Il presidente era Maria Grazia Cucinotta. I giurati erano tanti e di grande livello, a seconda delle categorie. C’erano, ad esempio, giornalisti del settore del food o del luxury; per la categoria fashion era presente una stilista e in più stava una D di Max Mara; per il food c’era anche il presidente di Ferrari.”
In base a quali criteri sono stati scelti i vincitori?
“C’era una lista incredibile di criteri. Io personalmente ho fatto tre contest per tre specialità diverse e poi la giuria ha voluto assegnarmi un premio globale. Io ho partecipato solo per Instagram e posso dire che la giuria ha premiato non solo la modalità di comunicare ma anche la capture, cioè l’insieme di come viene comunicato un evento e come viene raccontato un luogo, un hotel piuttosto che un’altra situazione del luxury.”
Quali gli obiettivi del concorso?
“Credo che uno degli obiettivi principali sia stato quello di mettere in evidenza chi sono gli influencer che hanno una modalità comunicativa capace di creare un engagement con il proprio pubblico. Secondo me l’organizzazione ha voluto sottolineare proprio le caratteristiche di alcuni influencer che non si limitano solo a catturare un momento ma lo esprimono e lo comunicano attraverso la capture, la parola e anche con i messaggi.”
Progetti futuri?
“Di progetti ne ho tanti. Fino al 2024 sono sufficientemente impegnata in vari settori, dai social alla scrittura, all’ambito televisivo, giornalistico e della mia libera professione come psicoterapeuta. Una settimana fa ho firmato un progetto molto bello con la mia casa editrice. Insomma, ne ho tanti in porto e non vedo l’ora.”

Intervista a Francesca Galdiero, futura attrice e modella

La redazione di AssoTutela è lieta di intervistare Francesca Galdiero, giovane e promettente modella, attrice, ballerina, artista poliedrica e ambiziosa.

Ciao Francesca, quando e dove hai iniziato a sfilare?
“Ciao, ho iniziato a settembre dell’anno scorso per la prima volta a San Leucio per un concerto. Ho sfilato in un castello, indossando vestiti da cerimonia e da sposa.”
Quando hai deciso di diventare modella?
“Sin da piccola mi è piaciuta la moda, mi piacevano comprare, indossare i vestiti e farmi fotografare. Un giorno in spiaggia una ragazzina mi disse che faceva la modella in un’agenzia. Mi piacque l’idea e chiesi informazioni. Feci un mio primo shooting e poi iniziai a collaborare con l’agenzia che mi programmava le sfilate. Man mano mi sono appassionata di tutto questo mondo e quindi ho pensato di crearmi uno spazio mio per far vedere a tutti i miei outfit anche sui social. Mi piace la moda, la recitazione e, infatti, da piccola seguo corsi di teatro. Da due anni seguo anche corsi di dizione, di portamento, di danza, di lingue – ho il B1 di Cambridge. Insomma, mi piace saper fare più cose possibili.”
Chi sono i tuoi modelli di riferimento?
“Mi ispiro molto a Chiara Ferragni, ammiro molto il suo stile, i vestiti che indossa e il suo modo di fare. Come brand mi piacciono GCDS, Barrow, Prada; come attrice Zendaya e come cantante Ariana Grande. Zendaya e Ariana, secondo me, sono delle artiste complete perché recitano, cantano, ballano contemporaneamente. Io stessa aspiro a saper fare tutto e diventare, così, una persona poliedrica. Certo, ora sono ancora piccola, sto studiando e per me lo studio viene prima di tutto. Fortunatamente a scuola ho un’ottima media e non ho intenzione di abbandonare gli studi perché la cultura è alla base di tutto quello che si fa.”
I tuoi genitori cosa ne pensano? Ti supportano?
“Mia madre mi supporta, è la mia manager che gestisce tutti i miei contatti e mi accompagna ovunque. Anche mio padre mi supporta però è un po’ più titubante. Ho anche una sorella e un fratello che mi supportano pur avendo caratteri completamente diversi.“
Che esperienze hai fatto?
“Ho partecipato a due cortometraggi da protagonista, di cui uno si chiama “Tre fiori”, un altro che stiamo ancora girando quindi non posso dire il nome e poi ho girato una serie web con LP Produzione dal titolo “Matt Giò e la bolla di sapone”. Feci una comparsa nel film di Natale di Alessandro Siani. La settimana scorsa ho girato uno spot pubblicitario al centro commerciale Maximo di Roma, dove ho registrato alcuni contenuti di Tik Tok assieme ai miei coetanei.”
Cosa ti piace fare nel tempo libero?
“Nel tempo libero esco un po’ con le mie amiche e facciamo i Tik Tok. Diciamo che il mio unico tempo libero è il sabato sera perché in settimana vado a scuola, a danza, poi ceno, svolgo i compiti scolastici e poi vado a letto. Il sabato mattina mi sveglio un po’ più tardi, il pomeriggio frequento il corso di portamento, poi torno a casa ed esco con le amiche. La domenica mi dedico ai miei familiari e poi preparo i compiti del giorno dopo.”
Sogni nel cassetto?
“Il mio sogno in assoluto è quello di diventare attrice. Qualche regista mi ha già notato. Io sto cercando di unire la mia passione per la moda con una solida base culturale: studio tanto, seguo corsi di teatro, di recitazione, di dizione. Io sto cercando di crearmi le basi, poi chissà il futuro cosa mi riserverà.”

Oh. Barbara Marin
Ciao Mimmo Alessio, il saluto ad un amico

Ci ha lasciato Domenico Alessio ma noi, come tutti gli amici, lo chiamiamo Mimmo e ricordiamo le sue doti non comuni di manager ma soprattutto di uomo. 

Si è spento il pomeriggio del 2 dicembre a 83 anni, circondato dall’affetto dei suoi cari e lascia un grande vuoto per chi, come noi, ha promosso tante iniziative che grazie alla sua preziosa collaborazione hanno regalato momenti di sollievo ai più fragili. Arrivato a Roma in giovane età da Terravecchia, piccolo comune in provincia di Cosenza ha ricoperto, in seguito, ruoli di prestigio in imprese come Iritecna, Italstat, Inps. Nel 2003 è stato nominato commissario alla Asl Roma D oggi Roma 3, per poi intraprendere una brillante carriera nella sanità, con la nomina alla direzione di aziende prestigiose come San Camillo Forlanini, del servizio di emergenza 118, per arrivare poi al San Filippo Neri e al Policlinico Umberto I. Nominato in seguito ai vertici dell’Istituto ematologico mediterraneo e dell’Istituto San Michele, ha dedicato all’impegno professionale una larga parte della sua vita. Per chi, come noi, lo ha avuto vicino in momenti importanti, è una grave perdita difficile da colmare. Assotutela e la famiglia Maritato si stringono con affetto ai familiari di Mimmo Alessio, in questo momento di grande dolore.